Sul chiostro di un antico convento di suore clarisse, votate all’accoglienza dei pellegrini che transitavano da e per Roma lungo la via Flaminia, si affacciano le stanze del museo dedicato all’opera di Guido Calori.
Romano, nato nel 1883, autodidatta, affronterà molteplici temi e si approccerà a diverse tecniche artistiche, oltre ad essere uomo di elevata cultura. Calori infatti è stato pittore, scultore, ceramista.
L’itinerario di visita si snoda attraverso diverse sale, e segue un percorso temporale.
La produzione spazia da temi come la riproduzione gli animali esotici (tema molto in voga nei primi anni del ‘900 nell’accademia romana), temi religiosi, o mitologici. Nella prima sala espositiva è visibile anche un’opera non definitivamente realizzata, attraverso la quale è possibile cogliere i passaggi necessari alla realizzazione di una scultura con l’antica tecnica della “cera persa”.
Nella seconda sala sono visibili diverse opere con soggetti di figure umane. La più interessante ed inquietante è sicuramente quella intitolata “La beffa”.
Questa statua partecipò alla Biennale di Venezia del 1931 e, pur non dichiaratamente, ritraeva nuda ed in un atteggiamento di ilare derisione Margherita Sarfatti, allora persona di totale influenza nell’ambito del Beni Culturali nonché amante del duce.
Ma perché tale provocazione? Perché la Sarfatti tolse a Calori la cattedra di Belle Arti all’università di Napoli a favore di un suo amico… amara riflessione: la storia ripete sempre se stessa, soprattutto nel nostro Paese.
Calori pagò comunque a caro prezzo la sua vendetta: fino ad allora ben visto dal regime fascista che gli commissionò diverse opere pubbliche fu, da quel momento, escluso da ogni tipo di rapporto o commissione.
Le donne ritratte da Calori hanno tutte delle mascherine sugli occhi, il motivo di tale scelta artistica resta ancora da capire.
In un’altra sala sono visibili le opere dell’ultimo periodo di Guido Calori. Alcune opere sono di soggetto religioso, altre erano funzionali all’apoteosi dell’Impero: come le figure di donne africane per esempio, realizzate, come dicevo, prima che fosse “bannato” dal regime. Possiamo ammirare anche una serie di “vasai”, la cui lettura può essere molteplice. La possibilità da parte di ognuno di creare e modellare la propria esistenza, in legame stretto con la terra e la natura, oppure anche la reazione post bellica, un invito a darsi da fare nel ricostruire il Paese, a partire dai lavori più umili.
L’ultima sala, dove è possibile vedere anche una cella delle monache clarisse, conserva una sorta di ricostruzione dello studio del maestro, con la tavolozza, i colori, gli arnesi per modellare. Sono visibili delle opere su tela: “Pigmalione”, “Il Concerto”, “Arlecchino con la chitarra” dove torna il tema delle donne con la mascherina sul viso.
Calori, come si diceva, oltre ad essere artista poliedrico era anche uomo di vasta cultura e dai più disparati interessi. Ha sempre vissuto da artista libero, modellando, appunto, la sua esistenza in base ai suoi desideri ed alle sue pulsioni culturali ed artistiche, pagandone anche, di persona, le conseguenze.
di Benedetta Tintillini