Pubblicato il più grande studio di genetica finora condotto in Italia sulla sclerosi multipla. Frutto della collaborazione di 30 centri, ha analizzato il profilo genetico di circa 9.500 persone, confrontando la popolazione continentale e sarda. Il lavoro, pubblicato su ‘Multple Sclerosis Journal’, è cofinanziato da Aism e dalla sua Fondazione Fism, e ha coinvolto 4.500 persone con sclerosi multipla e 5.000 nei gruppi di controllo, non affetti da questa e altre patologie autoimmuni, appartenenti alla popolazione dell’Italia continentale e della Sardegna. Il lavoro ha analizzato l’impatto cumulativo dei geni di suscettibilità, con un confronto tra la le due popolazioni italiane.
I ricercatori hanno analizzato il ruolo di 102 geni non HLA e 5 alleli HLA attraverso la costruzione di uno score di rischio genetico. I risultati hanno mostrato che l’effetto cumulativo di questi geni, identificati in popolazioni prevalentemente di origine nord europea, ha un ruolo importante anche nelle due popolazioni italiane esaminate. In particolare le persone che presentavano il numero più elevato di varianti di rischio, presentano un pericolo di sviluppare la sclerosi multipla almeno 12 volte superiore dispetto a chi aveva il numero minore di varianti.
Inoltre, la popolazione sarda ha presentato un carico genetico superiore a quello della popolazione italiana, e in particolare la popolazione di controllo sarda presenta uno score di rischio genetico significativamente più elevato rispetto alla popolazione di controllo dell’Italia continentale. Questa osservazione è in accordo con la più elevata prevalenza della malattia nella popolazione sarda.
Estendendo questa osservazione anche ad altre popolazioni di origine europea, si è osservato come ci sia una correlazione tra prevalenza di malattia e il carico genetico. Pertanto questo studio suggerisce che la diversa prevalenza di malattia possa essere dovuta alla costituzione genetica di ogni singola popolazione. “Poiché nei sardi il carico genetico è elevato anche in coloro che non sono affetti dalla malattia, è atteso che nella popolazione sarda ci possano essere fattori genetici specifici della popolazione stessa ancora da evidenziare. Stiamo pertanto continuando la nostra ricerca in questa direzione”, ha commentato uno degli autori, Serena Sanna dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica (Irgb) del Cnr di Cagliari.
“Le differenze osservate tra le due popolazioni sono molto interessanti, ma i geni finora identificati non permettono di utilizzare questo score di rischio genetico per predire la malattia nella popolazione generale o a scopo diagnostico. Questi risultati suggeriscono che altri studi siano necessari, non solo in Sardegna ma anche nell’Italia continentale, per espandere ulteriormente la conoscenza della genetica” della malattia, conclude Sandra D’Alfonso dell’Università Piemonte Orientale di Novara. Al lavoro hanno contribuito anche studiosi dell’Istituto San Raffaele di Milano e del CRS4 di Pula.