Negli ultimi decenni la politica del nostro paese, e non solo, ha guardato alla sanità come al settore dove effettuare i maggiori tagli dei costi di gestione, inserendo una logica di profitto. Tutti noi abbiamo pagato sulla nostra pelle, e con il nostro portafogli, questa riduzione dei costi, che ha significato riduzione del servizio pubblico e crescita esponenziale del servizio privato. Questo fatto alla maggior parte dei cittadini, incalzati da tv e giornali, è sembrato negli anni una politica giusta, di rigore. Abbiamo votato noi i politici che hanno chiuso gli ospedali negli ultimi anni.
E così il nostro servizio sanitario e il settore della ricerca medica, giudicati tra i migliori al mondo, hanno subìto, dopo decenni di sviluppo dal dopoguerra agli anni novanta, un periodo di rilevante contrazione dei finanziamenti e di controllo dei costi non già mirato a verificare, com’è sacrosanto fare, la congruità delle spese, ma a promuoverne la drastica, e qualche volta, indiscriminata riduzione.
Cari ragionieri nella sanità, non si possono tagliare i costi riducendo i servizi, perché in ballo c’è la salute e la vita dei cittadini. Sostituiamo la logica del profitto con un altro indicatore: il numero delle persone sane. Soprattutto in un paese dove gli over 75 sono circa 7 milioni. Perché poi quando arriva una pandemia dovete di corsa rimettere negli ospedali tutti i soldi che avevate tolto. E’ successo così negli ultimi mesi nei quali non si è potuto badare a costi e sono stati assunti tutti i medici e i paramedici, i cui posti erano stati soppressi dalla politica che ha governato la nazione e le regioni negli ultimi trent’anni.
Nonostante tutto quello che ho sostenuto, il nostro sistema sanitario, con l’immediata immissione di denaro da parte della Protezione Civile, ha retto e forse superato la più grande prova dell’ultimo secolo: l’attacco alla nostra popolazione di un virus temibile, che sembrava inarrestabile, il Covid 19, che ha causato finora oltre 28 mila morti in Italia (oltre 239 mila nel mondo). Virus che ha trovato probabilmente un alleato nell’inquinamento da polveri sottili, un nemico invisibile.
Una singolare conferma che il nostro servizio sanitario è comunque ancora abbastanza competitivo nella percezione dei nostri cittadini, rispetto a quello dei paesi dove non è la tessera sanitaria ma la carta di credito a permettere l’accesso, arriva dai cittadini italiani che si sono trovati bloccati all’estero per il lockdown, i quali, intervistati da tv e giornali, hanno ammesso con franchezza che, in caso di contagio, avrebbero preferito di gran lunga l’assistenza del sistema sanitario italiano.
Ricordo che il Covid 19, se “andrà tutto bene”, sarà stato sconfitto dal sistema sanitario pubblico e non da quello privato. A questo proposito vengono in mente i barboni che in gran numero a New York sono morti per Coronavirus e sono stati sepolti in fosse comuni. Ma la pandemia sarà superata e sarà possibile così fare un bilancio degli errori commessi e delle morti che si sarebbero potute evitare, specie nelle residenze per anziani. A non essere superato invece sarà il dolore per le persone scomparse, alle quali speriamo presto i sindaci dedicheranno monumenti e lapidi, stabilendo una ricorrenza civica, perchè abbiamo il dovere di ricordare.
Auguriamoci che, tra le tante riflessioni che la politica dovrà fare nel nostro paese, ci sia spazio per un mea culpa sullo smantellamento del servizio pubblico sanitario, e un serio ripensamento di tale servizio e della logica organizzativa, perché la salute dei cittadini è alla base dell’economia e non può pertanto rappresentare un costo per la società. Sono i malati il vero costo, in termini di qualità della vita delle persone e di assenze al lavoro con minore produttività per la nostra economia. Forse il Covid 19 non poteva essere previsto, ma c’è un altro grande virus che attanaglia le nostre città e la pianura padana, ed è quello dell’inquinamento da polveri sottili che sta uccidendo e facendo ammalare centinaia di migliaia di persone, senza che questa strage trovi spazio in prima pagina.
Giuseppe Manzo