Da domenica 1 e lunedi 2 settembre doppiette in azioni in 16 regioni italiane, per le preaperture della stagione venatoria: nel mirino gazze, ghiandaie, cornacchie grige, colombacci, quaglie, alzavole e marzaiole ma anche lo storno “in deroga” (Toscana e alcune province lombarde) e, soprattutto, la tortora selvatica, una specie in cattivo stato di conservazione, classificata come “Spec 1’” (ossia minacciata a livello globale) e inserita nella categoria “Vulnerabile’” dalla Lista rossa europea.
A renderlo noto è la Lipu-BirdLife Italia: nonostante sia uno strumento di deroga, del tutto facoltativo, da usare dunque con molta cautela, le regioni ricorrono abitualmente alla preapertura della caccia, a volte su specie a stato di conservazione negativo come la tortora selvatica.
La tortora selvatica sarà cacciabile in Basilicata, Calabria, Marche, Puglia, Sicilia e Sardegna, sfidando le precise indicazioni europee di non cacciare la specie per salvaguardarne la popolazione che frequenta la “flyway” (o via di migrazione) dell’Europa orientale.
Su molte regioni sono intervenute la Lipu e il coordinamento delle associazioni, con ricorsi al Tar come quelli che hanno portato alla sospensione, lo scorso 20 agosto, della caccia alla tortora in Veneto, il 24 agosto delle preaperture in Campania e due giorni fa della preapertura alla tortora in Umbria.
Le preaperture della stagione venatoria, previste dall’articolo 18, comma 2, della legge 157/92, colpiranno 14 specie, 5 delle quali (tra cui la tortora selvatica, oltre a quaglia, marzaiola, beccaccino e germano reale) classificate come “Spec” 2 (stato di conservazione cattivo e concentrate in Europa) o “Spec 3” (stato di conservazione cattivo e non concentrate in Europa) e per le quali dunque servirebbero importanti politiche di conservazione.
“Nell’anno più caldo della storia, in piena crisi ambientale, siccità e crisi della biodiversità – dichiara Giovanni Albarella, responsabile Antibracconaggio e Attività venatoria della Lipu – buon senso avrebbe voluto che la caccia in preapertura venisse sospesa in tutto il paese. Comunque, ai ricorsi presentati si aggiungeranno nuove segnalazioni alla Commissione europea, che vede la caccia italiana sotto osservazione con una procedura di infrazione e una procedura Pilot, la quale potrebbe presto trasformarsi anch’essa in infrazione.
“Quest’ultima contesta all’Italia, e a molte sue regioni – prosegue Albarella – vari elementi quali l’esercizio venatorio durante la migrazione pre-riproduttiva, oltre che la caccia su specie in cattivo stato di conservazione in assenza di piani di gestione o con piani di gestione non efficacemente applicati, nonché lo scarso impegno dell’Italia a fronteggiare il bracconaggio.
“Forse solo con una nuova condanna da parte della Corte di Giustizia – conclude Albarella – la caccia italiana potrebbe riportarsi nell’alveo della legalità”.