Mencacci, fare rete sociale come antidoto alla paura dopo atti di terrorismo
“E’ sempre più necessario un maggiore addestramento per il trattamento delle situazioni post-traumatiche a seguito di un attentato terroristico. Le forze e le strutture che si occupano del primo soccorso devono essere in grado di garantire interventi di carattere psicoterapico sui superstiti e devono farlo molto rapidamente per consentire un recupero più facile”. E’ quanto afferma lo psichiatra Claudio Mencacci, presidente della Società italiana di psichiatria, dopo l’attacco terroristico della notte di Capodanno al night club Reina di Istanbul.
Per lo psichiatra, infatti, chi sopravvive a un attentato “continua a vivere in uno stato di allerta che comporta disorientamento, confusione e difficoltà progressiva del sonno, continui flash back, ritorni di memoria improvvisi, forte instabilità e irascibilità”. Per questo, al di là della messa in salvo delle persone che rimangono coinvolte negli attacchi “si sta rendendo sempre più necessaria un’adeguata formazione di chi si occupa dei primi soccorsi – spiega Mencacci – su come gestire la fase post-traumatica: serve un aiuto incentrato sullo scioglimento di questo nocciolo legato al trauma, meno sta nel cervello meglio è”.
La condizione di fondo in questi casi rimane però sempre la stessa: combattere la paura del terrorismo senza privarsi della libertà: “Di fronte ad attentati che ci vedono esposti l’unica cosa che possiamo fare è rinsaldare le reti sociali e affettive – consiglia l’esperto -. L’unico modo per battere la paura è non nascondersi e isolarsi ma fare gruppo”. L’antidoto alla paura è quindi nella collettività: “Il senso di comunità e la coesione sociale aiutano a non retrocedere sugli spazi di libertà, di divertimento, di espressione del proprio modo di essere, di fronte a chi ci vorrebbe in preda alla paura. Questo non deve avvenire e non avviene se si riesce a fare fronte comune”.
Credits: foto Fox Sports