Originali intrecci di arcaico, antico e moderno, come originale è l’artista che ha concepito la Casa Dipinta, un’opera da vivere ed esplorare: Brian O’Doherty è un artista ed intellettuale irlandese.
Adottò lo pseudonimo di Patrick Ireland nel 1972, dopo i fatti della Bloody Sunday di Derry, per denunciare l’atteggiamento repressivo del governo britannico verso le rivendicazioni irlandesi. Decretò poi la morte dello stesso Patrick nel 2008, grazie al cambio di atteggiamento della Gran Bretagna, tornando al suo nome originale, con una cerimonia tenutasi all’Irish Museum of Modern Art di Dublino, dove è visibile la pietra tombale.
Ma torniamo a noi: Todi, via delle Mura Antiche (già il nome della via ci dice che ci troviamo nel centro storico della città medievale). Al civico 25 un piccolo portoncino ci introduce nella casa che i coniugi O’Doherty acquistarono un po’ di anni fa. Per ritirarsi in tranquillità, si potrebbe pensare… tutt’altro!
Appena i gradini interni di ingresso si apre una grande cucina, rimasta intatta nell’arredo, ma coloratissima.
Riquadri geometrici si rincorrono sulle pareti della Casa Dipinta, e sull’architrave che separa la cucina dalla sala da pranzo campeggia una scritta: One Here Now (Uno Qui Adesso). Il mantra che l’artista vuole trasmetterci.
Vecchi elettrodomestici, molto più che vintage, si alternano all’opera dell’artista.
I decori presentano ovunque linee verticali od oblique. Semplici fregi? Nient’affatto. Qui, un antichissimo alfabeto gaelico, l’alfabeto Ogham, costituito appunto da linee che corrispondono a 20 delle nostre lettere, si fonde con la geometricità dello stile contemporaneo, con colori talvolta tenui e talvolta accesi.
Oltre alle tre parole fondamentali: One Here Now, riprodotte in diverse lingue, sempre con i segni gaelici, lungo tutto l’architrave, du
e lettere sono importanti per l’artista: la “I”, che in inglese oltre ad essere una lettera è anche il pronome personale “IO”, e la “U”, che, sempre in inglese, si legge come il pronome personale “TU”.
La lettera “I” in gaelico si scrive con 5 linee verticali, ed il numero 5, insieme al suo quadrato 25 (guarda caso come il numero civico) ricorrono in tutta la casa.
Saliamo le coloratissime scale che ci conducono al soggiorno: qui, l’opera che più mi colpisce è un’installazione intitolata “Trecento”, in omaggio ai trittici trecenteschi. Dalle forme dipinte si dipartono dei fili che sembrano simulare linee prospettiche, e che ogni visitatore, scelto il proprio punto di fuga, può vedere allineate al dipinto sulla parte in fondo avendo l’impressione che il dipinto si avvicini a noi.
Al piano ancora superiore c’è la camera da letto: finestre ed aperture fittizie giocano con la prospettiva ed una sedia posta sotto una delle finestre realizzate dall’artista mi disorienta fino a farmi dubitare di cosa sia reale e cosa sia, invece, dipinto. Sempre giochi di fili e di prospettive affascinano il visitatore mentre, ai lati del letto, sono visibili le sagome dei due anfitrioni: Brian e Barbara.
Ultima stanza: il bagno, dove i decori ricordano i cerchi del Paradiso dantesco e giochi di specchi ci inebriano con i colori.
Visitare la casa dipinta è sicuramente un’esperienza unica. Senza dubbio le opere di O’Doherty sono visibili in molti musei del mondo, ma questo, a mio avviso, è l’unico posto dove il messaggio dell’artista prende ulteriore forza. Dalle sue radici celtiche, dalle nostre radici latine, che ci rendono tutti unici ma vicini, eredi della storia ma in continuo cambiamento. Siamo tutti One – Here – Now.
di Benedetta Tintillini
La Casa Dipinta su Google Maps: