In una terra di Santi, anche la ricorrenza festiva della Traslazione della Santa Casa di Loreto (10 dicembre), in dialetto ‘La Venuta’, offriva l’occasione propizia per un’attesa e gioiosa celebrazione conviviale: si esponevano lumi sulla finestra perché «passava la Madonna». Per la notte della vigilia, si preparavano alcuni dolci caratteristici cotti, secondo un’antichissima tradizione, sotto la brace. La Fojata era uno di questi: pasta sfoglia lievitata farcita con erbe di campo lessate e insaporite col lardo.
In alcune zone si cucinavano le ‘pizzelle’ di farina e uova cotte nello strutto, in altre i ‘lievitelli’: ciambelline di pasta leggermente salata all’interno e cospersa di zucchero all’esterno, aromatizzata con l’anice (anisa), comprata dai venditori ambulanti ‘anisari’, provenienti dall’Abruzzo. A Norcia si consumavano i tradizionali ‘sìppuli’ preparati con farina, lievito, zucchero, anice, noci, mandorle e uova.
Per celebrare la notte della Vigilia de la venuta (il 9 dicembre), da trascorrere accanto al fuoco in allegria, le massaie preparavano la pizza grassa condita con lardo o “sfrizzoli” (o friccioli) di maiale, ma anche una torta dolce di farina e uova detta ‘pizza de la fortuna’, anche questa cotta sotto la brace. All’interno dell’impasto si metteva una moneta: fortunato chi la trovava.
(Fabiola Chàvez Hualpa, Le donne nel mondo rurale della Valnerina, Terni, tipolitografia Federici, 2012)