Dall’8 dicembre 2019 all’8 marzo 2020, nel Museo nazionale d’arte medievale e moderna della Basilicata, all’interno del seicentesco Palazzo Lanfranchi di Matera sarà aperta al pubblico la mostra Trama doppia. Maria Lai, Antonio Marras, coprodotta, organizzata e coordinata dal Polo Museale regionale della Basilicata, e dalla Fondazione Matera-Basilicata 2019, nell’ambito del programma culturale della Capitale Europea della Cultura.
L’esposizione è fortemente voluta da Antonio Marras, che l’ha ideata insieme a Francesco Maggiore e che, da sempre, ha visto in Maria Lai “una compagna di viaggio, una musa, un’amica geniale affettuosa e custode dell’anima”. Un percorso di oltre 300 opere di Maria Lai e di Antonio Marras: lavori inediti della grande artista sarda, selezionati dall’archivio personale di Antonio Marras e dall’Archivio Maria Lai che dialogano con opere e installazioni di Antonio Marras, ma anche con opere realizzate da entrambi a quattro mani.
Pensando a Italia 2019, con questa mostra Matera vuole celebrare Maria Lai, a cui era dedicata la candidatura di Cagliari (che fu una delle città finaliste alla selezione della Capitale Europea della Cultura) nell’anno in cui ricorre il centenario della sua nascita. Lo speciale progetto espositivo racconta il singolare incontro con Antonio Marras ripercorrendo le tappe di un dialogo intimo, determinante e operoso, basato sulla leggerezza e sulle sensibilità dell’inusuale connubio; una relazione sorta tra i due spiriti, accomunati dalla libertà di sottrarsi ai sistemi organizzati e dalla capacità di unire, assemblare, tenere insieme pensieri, esistenze, luoghi, persone, progetti.
Ancora una volta Palazzo Lanfranchi, al centro della rete del Polo museale della Basilicata e del processo di Matera-Basilicata 2019, si apre ai linguaggi contemporanei e accoglie la sfida di una mostra che indaga, in primo luogo, il rapporto umano e artistico tra due figure che hanno trovato nel fare insieme, spesso lavorando con le mani, la cifra di un’intesa speciale che si riverbera ben oltre la produzione di opere, permeando una dimensione culturale e spirituale che il raffronto e l’intersecarsi dei lavori restituisce in maniera del tutto inedita. Rispecchiamenti, riverberi e semplici suggestioni accendono piccole e grandi luci su questo legame generativo, che rappresenta la ragione prima di questa esposizione
Il legame tra Maria Lai e Antonio Marras ha radici profonde: è stata proprio l’artista la prima persona ad aver visto e sostenuto le opere di Antonio. Entrambi sono accomunati dalla capacità di ridare vita a scarti e frammenti, di ridare nuovi significati a oggetti dismessi; sostiene, infatti, Marras: “La cosa che più mi appassiona e mi interessa è dar voce a degli elementi che apparentemente sono muti e forse colpiscono solo me, ma poi lavorandoci cerco di creare un linguaggio perché questa ispirazione diventi cosa reale e si traduca negli ‘oggetti’ che mostro…”.
La mostra pone l’attenzione sulle ossessioni dei due artisti, sul soggetto pressato dalla necessità di compiere un atto creatore e, a sua volta, indagato attraverso una continua analisi della propria memoria e dei propri luoghi di appartenenza, secondo un assioma che Maria Lai sintetizza in: “L’uomo ha bisogno di mettere insieme il visibile e l’invisibile perciò elabora fiabe, miti, leggende, feste, canti, arte” (1999).
Il percorso espositivo si snoda attraverso gli spazi di Palazzo Lanfranchi su tre livelli.
La prima sala ospita libri sfilacciati, pagine ricamate, disegni, acquerelli e un grande lenzuolo con fogli cuciti, opere realizzate nel corso degli anni da Maria Lai e che oggi Antonio Marras fa dialogare con le sue “Orfanelle”, creature luminose che occupano lo spazio espositivo e che conducono all’abito “Fililailai”, realizzato da Antonio per Maria, allestito per l’occasione come un dipinto.
Il lungo corridoio d’ingresso del Museo è scandito dalla successione di nove grandi arazzi di Marras, tessuti in Afganistan e ricamati in Sardegna con l’applicazione di pezzi di vecchie giacche.
Ad accogliere il visitatore al primo piano 120 disegni che ritraggono gli abitanti del borgo La Martella, realizzati a più riprese da Marras nel corso del 2019 durante i suoi soggiorni materani.
L’accesso alle sale successive è segnato da un passaggio simbolico, fatto di camice e campanacci, che introducono alle 88 federe dipinte da Maria Lai che Marras fa dialogare con un suo grande arazzo bianco e nero che incornicia una scultura in ceramica realizzata in omaggio a Maria Lai, grande sostenitrice dei lavori a quattro mani in argilla.
Si susseguono altre stanze che ospitano “Notti bianche”, installazione con tappeto sardo a Pibiones e peluche, un cuore di stoffa di Maria Lai, 73 ritratti con vecchie cornici e due telai realizzati da Antonio Marras che dialogano con quelli di Maria Lai.
Al secondo e ultimo piano il visitatore è idealmente accolto da 14 braccia in ceramica, opere in stoffa, un vecchio sportello disegnato, 20 campane di vetro disposte su tavoli di ferro che custodiscono taccuini di appunti di Marras, circondati da trenta bozzetti preparatori di Maria Lai per la realizzazione dell’opera sul grande muro di casa Marras “Tra fili e pensieri” (2004).
Nella grande Sala delle Arcate interagiscono diversi lavori realizzati dai due artisti: camicie rifinite da Maria con il filo rosso; materassini su cui ha scritto e cuscini su cui ha dipinto; sottovesti fatte ricamare da Marras con le frasi recuperate da Lai in un lavoro con i bambini delle elementari “..prima che la scuola li rovinasse..” diceva Maria; teche con lavori di Maria Lai realizzati con ricami ed elementi di stoffa; disegni su carta e dizionari d’artista; una scatola con un lavoro di Maria fatto di nodi e corde. Chiude il percorso espositivo la grande installazione “Llencols de aigua” che corre lungo la parete di fondo: su un grande telo bianco, lavoro a quattro mani di Antonio Marras e Maria Lai, sono cucite vecchie sottovesti, che fanno da sfondo a 200 Janas (le piccole fate della mitologia sarda), piccoli abiti, sospesi davanti al lenzuolo.
In mostra alcune fotografie di Daniela Zedda, testimone per immagini degli incontri dei due artisti e del loro profondo legame.
Dichiara Antonio Marras: “L’incontro con Maria Lai. Una vera e propria svolta. Con lei ho sempre avuto un rapporto speciale, una sintonia di interessi e di idee che continuano a vivere, immutati. Un dialogo ininterrotto. Una volta le dissi che avevo copiato un suo disegno. Mi rispose: ‘Fare arte è un continuo rubare. Non preoccuparti, io rubo dappertutto. Nel momento in cui la rubi, l’opera diventa tua’. Maria Lai è stata una presenza straordinaria nella mia vita. Una vagabonda.
La jana che tiene per mano il sole e l’ombra. Cuce e ci lega alle favole, ai sogni e all’infinito. Dice che le montagne non sono tanto terribili se, oltre ai precipizi e ai lupi, ci sono anche le nuvole. L’incontro con Maria ha segnato il mio approccio con l’arte e non solo… Ha dato spazio alle mie visioni. Ci siamo divertiti a confondere spazi e tempi, a tessere fili e trame. Mi ha dato il coraggio di esplorare me stesso; mi ha traghettato verso un universo che mi affascinava e mi faceva paura. ‘Ti ho lasciato bambino e ti ritrovo artista’, mi ha detto un giorno. Conservo gelosamente questa frase dentro di me. Lei mi ha dato la forza di parlare attraverso le immagini”.