Oggi 25 novembre ricorre la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne 2020 e da giornalista mi trovo spesso a riflettere sul modo in cui vengono proposte le notizie dei femminicidi. “Era in giro da sola”, “Era senza segni evidenti di violenza”, “Lo ha provocato”: sono alcune delle frasi più ricorrenti usate così spesso per negare o minimizzare una violenza subita da una donna.
Questi ‘luoghi comuni’, che aggiungono così altra violenza a quella già subita, da alcuni giorni compaiono sulle maniglie delle auto o all’interno di quei negozi ancora aperti nonostante le restrizioni, su cartoncini rossi del tipo di quelli che in albergo chiedono di ‘Non disturbare’.
E’ la campagna di sensibilizzazione TULOSAI, che nasce da un’idea del team di Ratio Studio, un’agenzia di marketing e comunicazione, insieme con consulenti di genere, e viene portata avanti a Napoli, Milano, Roma, Caserta, e nelle principali piazze d’Italia.
“L’obiettivo che ci siamo posti con la campagna TULOSAI – spiega Francesca Caruso di Ratio Studio – è quello di sottolineare quanto la violenza di genere appartenga sia al contesto reale sia a quello mediatico: in seguito alle morti per femminicidio, le donne subiscono un linciaggio mediatico equiparabile alla violenza subita. È noto quanto la trasposizione giornalistica dei femminicidi non sia aderente alla realtà: i principali soggetti delle news sono donne molto giovani a differenza dei dati Istat (la fascia più colpita va dai 35 ai 60 anni); i responsabili sono per l’80% conosciuti dalle vittime a differenza della notiziabilità che evidenzia una presenza di “male oscuro” (stranger danger) che viene dal contesto esterno oltre a sottolineare aspetti della vicenda atti quasi a far ricadere la colpa sempre sui soggetti femminili con una costante deresponsabilizzazione degli autori della violenza”. I dati parlano chiaro. l’Istat e l’Eurostat di 56 femminicidi durante il primo lockdown, una donna uccisa ogni due giorni. La violenza sulle donne non è la gelosia, non è il raptus, non è il vestito troppo corto: è la legge del possesso e l’esercizio del potere dell’uomo sulla donna.
Donatella Binaglia