Una nuova missione ha appena lasciato la Terra, alla ricerca dell’inafferrabile materia oscura. Si tratta di DAMPE (DArk Matter Particle Explorer), partito dal Jiuquan Satellite Launch Center nel deserto di Gobi in Cina. Spedito in orbita dall’agenzia spaziale cinese a bordo del vettore Long March 2D, il satellite – spiega l’INFN in un comunicato – è frutto di un accordo di collaborazione internazionale tra l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) – con le sezioni di Perugia, Bari e Lecce -, la Chinese Academy of Sciences (CAS), le Università di Perugia, Bari e del Salento, e l’Università di Ginevra. DAMPE può essere considerato il figlio della linea di ricerca e tecnologia sviluppate congiuntamente da Asi ed INFN che ha dato luogo a PAMELA, AMS (01 e 02), e FERMI ed estenderà le misure già effettuate nello spazio da questi.
Orbiterà a una quota di circa 500 km, dalla quale cercherà la sfuggente materia oscura nel flusso di raggi cosmici che piovono incessantemente sul nostro Pianeta. I fisici sanno che la materia oscura esiste, che non assorbe, né emette luce e che, finora, sembra non interagire con il nostro mondo, pur essendo cinque volte più abbondante della materia ordinaria che compone tutto ciò che conosciamo. Ma non sanno ancora quale sia la sua natura. Per questo, tentano da anni di scovarne le tracce.
“L’esperimento DAMPE è una missione per lo studio delle astroparticelle di alte energie, disegnata per rivelare elettroni e fotoni con una precisione e in un intervallo di energia maggiori di quanto possibile con gli strumenti attuali. Lo scopo – afferma Giovanni Ambrosi, della sezione INFN di Perugia, coordinatore nazionale dell’esperimento – è identificare possibili segnali della presenza di materia oscura studiando le caratteristiche delle particelle ordinarie misurate dal rivelatore. Le tecnologie utilizzate sono quelle più avanzate disponibili per la rivelazione di particelle elementari, spinte – sottolinea Ambrosi – a un livello di qualità e affidabilità estremo, per poter garantire una missione di lunga durata, almeno tre anni, nello spazio”. “L’esperienza maturata in seno all’INFN nello sviluppo di rivelatori a microstrisce di silicio, in ambito spaziale, per il tracciamento di precisione delle particelle incidenti in DAMPE è stata determinante per vincere questa sfida – spiega Ambrosi -. Una sfida che ha visto, in meno di due anni, la progettazione, costruzione, qualifica spaziale, e verifica con fasci di particelle, di un tracciatore composto da 12 piani di rivelatori di silicio”. “Con il lancio di DAMPE, l’INFN vede riconosciuta internazionalmente la propria capacità di costruire rivelatori spaziali di altissima qualità”, sottolinea Marco Pallavicini, presidente della commissione nazionale INFN per la fisica delle astroparticelle.
“Dopo la messa in orbita – spiega Ambrosi – è di primaria importanza essere pronti a verificare il comportamento dello strumento appena arriveranno a terra i primi dati. Trascorse alcune settimane di verifica, il rivelatore dovrà, infatti, funzionare al massimo delle sue prestazioni per poter permettere al team di scienziati lo studio dei fotoni e delle particelle di origine cosmica”, conclude Ambrosi.
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