Quando Filippo Brunelleschi stava realizzando la Cupola del Duomo di Firenze, ogni tanto si assentava per ‘motivi personali’ allo scopo di recarsi in Valdelsa, per dirigere i lavori di un’importante fortificazione che lui stesso aveva progettato: il castello di Oliveto, residenza all’epoca della famiglia Pucci, posto sulla sommità di una collina del territorio di Castelfiorentino (Firenze).
E’ questa la rivelazione del professore Massimo Ricci, già docente di tecnologia dell’architettura dell’Università di Firenze, esperto del Forum Unesco “University and Heritage” di Valencia e uno dei maggiori studiosi mondiali della Cupola del Brunelleschi, che sta per pubblicare i risultati della sua nuova ricerca sulla rivista fiorentina “Pegaso”, con un saggio nel numero in uscita a dicembre.
“Ho iniziato questa ricerca un anno fa – chiarisce Ricci – e fin dal momento in cui mi sono trovato di fronte al castello di Oliveto ho pensato che questa struttura potesse essere opera del grande maestro Brunelleschi. Un dispositivo strutturale interno del castello, che non poteva esistere dal punto di vista statico, mi ha convinto definitivamente della paternità progettuale e architettonica brunelleschiana”.
“C’erano già alcuni indizi – prosegue Ricci – che potevano avvalorare una simile ipotesi: in primis la conformazione strutturale del castello, consona alla sua architettura. In secondo luogo il materiale utilizzato, che non era la pietra (normalmente impiegata per simili fortificazioni) bensì i mattoni, un materiale per l’epoca innovativo e che Brunelleschi stava utilizzando per realizzare la Cupola di Firenze”.
“Il fatto, poi – aggiunge Ricci – che Puccio Pucci, costruttore del Castello, avesse incaricato Filippo Brunelleschi di progettarlo è comprensibile anche per un altro motivo: si conoscevano bene”.
La famiglia Pucci, tramite Giovanni di Antonio Pucci, fratello di Puccio, con il contratto del 13 marzo 1420, forniva calcina e sabbia per il cantiere della Cupola fiorentina ed ebbe sicuramente contatti diretti con il Brunelleschi che, come è noto, controllava personalmente tutti i materiali che si impiegavano nel grande cantiere”.
Insomma, pure in assenza di una documentazione di archivio esplicita (forse dovuta anche al fatto che parte dei libri di archivio dell’Opera di Santa Maria del Fiore sono andati dispersi), il professore Ricci non si è perso d’animo: e, nel giro di un anno, ha condotto una ricerca “storica e tecnologica” direttamente sul campo, sulla struttura e sui dispositivi architettonici all’interno del castello, utilizzando anche una telecamera ad infrarossi sofisticatissima, messa a disposizione dalla ditta Flyr.
Dai ripetuti sopralluoghi e attraverso alcune perizie tecniche, sapientemente combinate con un’analisi del contesto storico in cui il castello fu realizzato (“le date importanti sono quelle fra il 1424 e il 1426”, precisa lo studioso), sono state così rinvenute le “prove” che certificano in modo inconfutabile “la mano” del Brunelleschi.
Credits: foto rete.comuni-italiani.it