Assorbono anidride carbonica, emettono ossigeno, catturano gli inquinanti, abbassano la temperatura dell’aria. Sono i grandi benefici che gli alberi portano alla nostra salute e alla qualità dell’ambiente. Se n’è parlato lo scorso 15 maggio al convegno online “Verde urbano: una questione di salute, economia, legalità – dai servizi ecosistemici ai diritti degli alberi”, organizzato dall’Università di Pisa, dalla Lipu-BirdLife Italia, da GrIG Onlus e dall’Accademia dei Rinnovati di Massa, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente, Ispra, Provincia di Massa Carrara, Ordine degli Agronomi, Ordine degli Architetti e altre associazioni.
Il convegno, che si colloca nell’ambito del “2020 Anno internazionale della salute delle piante” proclamato dall’Onu, ha registrato circa 1800 iscritti. I 26 relatori si sono fatti portavoce delle posizioni e delle esperienze dal mondo accademico e della ricerca, dagli ordini professionali, dagli enti pubblici, dalle associazioni ambientaliste, consentendo un confronto con professionisti, tecnici e cittadini sul tema della complessa gestione del verde urbano.
Argomento centrale il ruolo delle piante nelle nostre città, troppo spesso trasformate in isole di calore con nocive ricadute sulla salute dei cittadini: la relazione di Rita Baraldi del Cnr ha illustrato come gli alberi riducano la CO2 atmosferica ed emettano ossigeno. E lo fanno in funzione delle proprie dimensioni: ogni singola pianta, ogni anno, è in grado di sequestrare tra i 20 e i 150 chilogrammi di anidride carbonica e altri inquinanti pericolosi per la salute, quali polveri sottili e ozono. Una funzione molto importante per la nostra salute soprattutto nei contesti urbani, i quali, nonostante coprano il 2% della superficie terrestre, sono responsabili dell’emissione del 70% dei gas serra.
Ma il verde pubblico va governato e gli strumenti per farlo sono stati illustrati da Anna Chiesura di Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale). Il censimento, un database delle caratteristiche delle aree verdi pubbliche, è stato adottato in 106 dei 124 Comuni indagati, mentre il Regolamento del verde pubblico e privato risulta adottato da 60 di essi. Scarsa (solo sei Comuni) l’adozione dei Piani del verde, una sorta di piano regolatore. Inoltre è stata sottolineata l’importanza degli atlanti ornitologici urbani, strumenti di monitoraggio della biodiversità, per una pianificazione sostenibile delle città e una gestione corretta delle aree verdi urbane. La Lipu ha apportato un contributo importante al loro sviluppo, tanto che l’Italia è il paese europeo con il maggior numero di atlanti, relativi a 41 aree urbane, di cui 31 capoluoghi di provincia.
L’innovativo tema dei “diritti degli alberi” è stato affrontato da Marcello Di Paola della Luiss di Roma, mentre gli aspetti centrali della loro gestione e dei servizi ecosistemici sono stati approfonditi con diverse relazioni, tra cui quelle di Fabrizio Cinelli, Agnese Amato e Massimo Rovai del Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Pisa. Carlo Blasi dell’Università “La Sapienza” di Roma ha invece trattato il tema delle “foreste urbane nella Strategia nazionale per lo sviluppo e la gestione del verde urbano” mentre Francesca Cirulli e Marta Borgi dell’Istituto Superiore di Sanità hanno relazionato sul rapporto tra salute mentale e verde urbano.
Venendo all’emergenza sanitaria degli ultimi tempi, è stato sottolineato come sarebbe più facile garantire il distanziamento sociale se nei giorni che hanno accompagnato e fatto seguito al lockdown la disponibilità di verde urbano fosse stata maggiore. Ed è proprio durante la quarantena da Covid-19 che è stata condotta una ricerca dall’Istituto per la BioEconomia-Cnr e l’Università di Bari, i cui risultati preliminari mostrano che ben l’86% del campione ha sentito la mancanza di poter recarsi in un’area verde e ha affermato di considerare le aree verdi diritti primari per i cittadini. Inoltre, gli intervistati hanno espresso l’esigenza che la pianificazione urbana metta in atto politiche di compensazione per il consumo di suolo e che si pratichi la cura delle aree verdi pubbliche anche attraverso un’adeguata formazione di coloro che sono coinvolti nella loro gestione e manutenzione.
Ma il verde urbano non è tutto uguale: a sottolinearlo è stata la Lipu, con Marco Dinetti e Paola Ascani, che hanno spiegato l’importanza del ruolo degli alberi maturi per le persone e per la biodiversità, e dimostrato come la loro sostituzione con alberi giovani comporti inevitabilmente una notevole perdita di servizi ecosistemici.
L’intervento di Florida Nicolai del GrIG Onlus documenta invece, a partire da un caso concreto, la diffusa disinvoltura delle amministrazioni comunali nella gestione del verde pubblico, la violazione di leggi, il mancato intervento di organi statali preposti alla tutela paesaggistica, lo iato tra acquisizioni scientifiche e pratica, la solitudine del cittadino che vive con disagio lo scollamento con le istituzioni.
Al contrario l’esperienza del Comune di Bolzano, illustrata nel fascicolo di “Ecologia Urbana” realizzato in occasione del convegno, mostra con chiarezza come anche in Italia sia possibile gestire bene il verde urbano.
I relatori e i partecipanti al convegno si sono fatti promotori di un appello che ribadisce i contenuti di alcuni importanti documenti nazionali e internazionali sul verde urbano: il ruolo fondamentale delle infrastrutture verdi nel collegare le aree naturali e semi-naturali con le aree urbani e rurali; l’esigenza di una vision per la protezione, conservazione, ripristino e promozione degli ecosistemi nelle città e negli insediamenti umani; la necessità di assicurare alla comunità la percezione dei cicli della natura e di garantire un’ampia gamma di servizi e benefici; la promozione di città più verdi, sane, vivibili, naturali, pulite, sicure e salubri.
Nel sottolineare l’importanza della recente approvazione dei Criteri Ambientali Minimi per il servizio di gestione del verde pubblico (CAM), approvati dal Decreto del Ministero dell’Ambiente n. 63 del 20 marzo 2020, l’appello così conclude: “L’emergenza sanitaria globale che caratterizza questo inizio 2020 e che sta travolgendo le economie e i comportamenti delle società dovrebbe suonare come un estremo campanello d’allarme e portarci alla piena consapevolezza che non stiamo abitando il Pianeta nel modo corretto.
“Ben note ed evidenti sono le interrelazioni e i collegamenti tra la salute umana, l’inquinamento dell’aria e la distruzione della biodiversità. Prenderne atto come individui e orientarci verso modelli di società compatibili con le dinamiche e i limiti dei sistemi ecologici di cui facciamo parte – conclude l’appello – sono imperativi etici e di reale sopravvivenza”.