E’ andato in scena giovedì 5 gennaio, al teatro Mengoni di Magione “A Spasso con Daisy”, una commedia senza tempo, con l’adattamento di Mario Scarpetta, che ha visto protagonisti Milena Vukotic nel ruolo di Miss Daisy Werthan, Salvatore Marino nei panni del suo autista Hoke e Maximilian Nisi nell’ormai non più giovane figlio di lei, Boolie.
Questa elegante commedia tratta dal testo di Alfred Uhrly, che nel 1988 ha vinto per la drammaturgia il premio Pulitzer, è diretta da Guglielmo Ferro.
La storia è ambientata nel secondo dopoguerra ad Atlanta, Georgia. Daisy, settantaduenne benestante dinamica e grintosa, abita da sola in una bella casa.
In scena c’è il salottino, pieno di piante curate con amore da Miss Daisy, lo sfondo è una vetrata enorme dalla quale si osservano scorrere eventi, stagioni e panorami.
Milena Vukotic, è l’arzilla Daisy, signora ebrea che si oppone alla richieste del figlio Boolie che vuole imporle un autista factotum di colore, lei, sulla difensiva con piglio energico che però ci delizia continuamente con la sua intramontabile eleganza, vede nella presenza dell’autista la privazione della sua indipendenza e della sua libertà di movimento.
Come da copione, con il passare del tempo i rapporti tra loro cambieranno: in diverse scene Daisy mostra cordialmente la sua avversità verso il nuovo arrivato, dando vita ad un susseguirsi di sketch che invitano al sorriso e all’applauso a scena aperta; quando poi, nello scorrere degli anni la fiamma della vita si indebolisce con dolcezza, il ricordo entra nella nebbie della malattia, della senilità e l’alleanza che sembrava impossibile diventa sostegno, l’amicizia e la delicatezza dei gesti che compiono l’uno verso l’altro si muovono insieme in sintonia, in melodia commuovente, prima che si chiuda il sipario.
Salvatore Marino interpreta un Hoke garbato, distinto, cortese e sempre grato; Maximilian Nisi, con equilibrio, porta in scena un figlio sempre in bilico tra cura e liberazione, tra madre e moglie, facendoci credere di avere una vita propria, almeno al lavoro.
Nella scena che si approssima all’epilogo le lenzuola bianche che ricoprono la mobilia evocano vuoti, assenze, forse il momento più triste con una riflessione sulla morte, sullo scandire del tempo.
Un’ora e venti di sublime tempo speso tra appalusi, risate eleganti e riflessioni, i silenzi di gesti che invitano alla signorile cordialità, amicizia e solidarietà sono i sentimenti che permeano l’aria.
Sonia Lustrino