Come tante invenzioni che hanno accompagnato la storia dell’umanità favorendone il progresso, mi piace pensare all’intelligenza artificiale quale nuova ancella che affianchi l’essere umano per ispirarne e rinnovarne genio e creatività; immagino questa nuova realtà simile a un soffio che possa ravvivare il fuoco vitale della nostra mente umana. «Parva favilla magnam f lammam secundat». Così pensava Dante Alighieri, un umile invito ai posteri a seguire il richiamo universale dei perenni valori umani.
Recentemente è stata presa una grande iniziativa etica volta ad ottenere proposte per una progettazione condivisa dell’ intelligenza artif iciale.
Guardo a tale intenzione con fascino, trepidazione e speranza, perché essa dimostra come da parte di tutti venga avvertita la necessità di un nomos simile a quello che si dettero i greci antichi come regola della loro vi ta sociale e politica.
I valori e i beni dell’umanità traggono forza e qualità dalla loro durata, e penso in questo a Hegel, il quale diceva che la quantità determina la qualità; sono convinto che il genio sia uno di tali valori, e vorrei che il genio autentico divenisse una meta da riguardare costantemente da parte di tutti con una mente aperta; vorrei credere che il mondo intero, ed ogni singolo uomo, ogni singola realtà, vivano di verità. Non fu forse genio autentico quello dei nostri scienziati e artisti del Rinascimento? Quando Leonardo da Vinci, dopo aver ammirato un’opera d’arte,
magari una pittura, o una scultura, esclamava: «vorrei immaginare la costruzione di un ogget to volante!». Non è forse questa un’ incarnazione del Genio?
Appunto il Genio è quel fattore umano che crea invenzioni inaspettatamente, perché lo fa saltando i processi logici della mente, divenendo per un attimo follia.
Questa straordinaria creatività, quella che fu di Galilei e di Newton, la stessa che portò Darwin ed Einstein a porre le fondamenta del mondo attuale, è oggi il terreno fertile dove l’intelligenza artificiale può dimostrare la sua efficacia, e di fatto ci aspettiamo dai geni contemporanei che vi sia un ritorno, un formidabile ritorno alla pura creatività umana, un processo nel quale vedo una ripresa e non una via nuova.
Sono convinto che ogni nuovo valore germoglierà da quelli precedenti aumentando la sacralità del retaggio antico e dei luoghi ove la sapienza dei padri viene conservata: penso ai libri e a quei silenziosi templi che sono le biblioteche. Quello che per durevoli secoli fece la Biblioteca di Alessandria, dif fondendo nel mondo la cultura ellenistica, è oggi quello che fa ogni più piccola biblioteca, pur essa specchio del mondo.
Sono convinto che il valore del testo scritto, la materia antica della sua realtà fisica, fatta di carta e di profumo di inchiostro, di polvere e di legno antico, diverranno utili suggeri tori dell’intelligenza artificiale, perché in tali aspetti risiede, mi sembra, il valore della fonte, la possibilità penso unica di dialogare con gli antichi.
Come fece Machiavelli, che concepiva la sua biblioteca il luogo: «dove non mi vergogno di parlare con gli antichi e domandarli della ragione delle loro azioni: e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi trasferisco in loro».
E questa è la grandezza eterna dei libri, dai quali emerge il genio autentico dei grandi pensatori ai quali è aff idato il destino di tutte le genti di ogni tempo. La verità è la ragione dei libri, e da essa deriva la credibilità, che è un fattore necessario alla vita umana. Senza verità e credibilità che uomini saremmo? Con Kant mi domando se le stelle sopra di noi e la legge morale dentro di noi sarebbero ancora la nostra guida.
Mi aspetto che i contemporanei Leonardo della tecnologia guardino ai valori umanistici come alla sorgente delle loro creazioni, perché solo così i risultati ne saranno pervasi e l’ intelligenza artif iciale raggiungerà i massimi livelli di bene per il genere umano.
In una delle sue opere più ricche di pensiero Eschilo narra il mito di Prometeo: questo eroe rappresenta lo spirito cognitivo umano, che donando al mondo il fuoco intende liberare gli uomini dall’angustia delle tenebre.
Dice Prometeo: «Io insegnai loro le aurore e i tramonti nella volta stellata; […] fu mia, e a loro bene, l’idea del calcolo, primizia d’ingegno, e fu mio il sistema di segni tracciati, memoria del mondo».
Però leggiamo ancora in Eschilo che con l’uso del fuoco vennero agli uomini i mali di una vita lontana dalla tranquilla e semplice esistenza primitiva. Giove per questo condannò Prometeo ad una sofferenza eterna, e lui stesso riconobbe il suo errore con queste parole:
«La tecnica è troppo più debole della necessità».
Riconosco nei Greci la più alta genialità generatrice di valori eterni.
La prima fonte di verità degli esseri umani, come per tutti gli animali senzienti, è rappresentata dalla percezione del mondo, vissuta attraverso i nostri sensi. Come ha narrato uno storico, l’essere umano, a differenza del resto del regno animale, è dotato di una formidabile capacità di immaginazione. Noi siamo gli unici che modif ichiamo la realtà partendo dalle idee, dai desideri, dai sogni: la nostra mente sa correre molto al di là di ciò che i cinque sensi ci fanno osservare e comprendere.
I concetti di autentico e di vero si sono costantemente evoluti con il progredire delle nostre società: se per l’uomo preistorico era vero ciò che il saggio anziano della propria tribù raccontava, per moltissimi esseri umani la verità viveva nelle Sacre Scritture. Così è stato per la letteratura, le arti figurative, i libri stampati e, sul finire del XIX secolo, per la fotografia; possiamo immaginare per questo che l’umanità cercherà nuove basi sulle quali fondare con sicurezza la propria mente e le proprie relazioni sociali.
Nel contempo l’esperienza umana diretta potrà avere una grandissima importanza e costruire le basi di verità delle quali come esseri viventi e società abbiamo bisogno.
Lungo la sua storia, l’essere umano ha sempre immaginato di poter creare macchine e automi per liberarsi dai lavori più pesanti e ripetitivi.
A tale aspirazione già si riferiva Aristotele nella Politica, quando descriveva strumenti di lavoro in grado di svolgere il proprio compito comandati dalla parola o per “anticipazione intelligente”; strumenti che avrebbero potuto cancellare la schiavitù dal futuro dell’umanità.
L’ intelligenza artificiale forse diverrà la forma per mezzo della quale l’uomo contemporaneo visiterà ancora il mito eterno dell’ imitazione della natura. Però, se in questo volessimo vedere una replica della natura e dei suoi misteri, dovremmo anche ricordare che l’umana intelligenza si è formata attraverso milioni di anni, ed è difficile immaginare che l’artificio possa oggi conseguirne una copia in un tempo minore. Per questo il timore dell’ intelligenza artificiale, al di là dell’utilizzo che ne può fare l’uomo, ricorda piuttosto la paura dell’ ignoto che assaliva gli uomini di fronte al fulmine prima che Prometeo portasse loro in dono il fuoco.
Sembra quindi, se non è tale da essere temuta, che l’ intelligenza artificiale sia da stimare per tutte quelle utilità che può apportare al mondo nella misura in cui potrà liberare l’uomo dagli affanni materiali della attuale vita, restituendogli in un ambito contemporaneo la dimensione, il tempo e lo spazio di un’esistenza vissuta in armonia con la natura, quale il genere umano ha vissuto dai tempi più antichi fino almeno al secolo scorso.
Per questo non mi è facile immaginare, invece, un automa o un sistema artif iciale che possano provare emozioni autentiche o sentimenti profondi e veri; potrà mai un robot alzare gli occhi al cielo, o provare commozione, e veder sgorgare dai propri occhi lacrime vere?