Il futuro dell’esplorazione spaziale sarà affidato a robot umanoidi

valkyrie robot umanoidi

L’astronauta del futuro, protagonista dell’esplorazione spaziale, saranno con molta probabilità esclusivamente robot umanoidi. La Nasa ha da tempo lanciato il programma che adesso approda alla fase operativa, con lo sviluppo in termini astronautici del robot R5 Valkyrie affidato alle due università statunitensi, Mit e Northeastern di Boston, nello speciale challenge indetto dalla Darpa, l’agenzia Usa per la ricerca in materia di nuove soluzioni per la difesa. R5 è alto 1 metro e 90, e una volta predisposto e testato potrebbe avere l’onore di formare parte degli equipaggi delle prossime missioni spaziali umane della Nasa. Inclusa la prima su Marte.

Il lavoro di sviluppo del robot è affidato alla guida del ricercatore del Mit Russ Tedrake: l’obiettivo è arrivare a software ed algoritmi che permettano a Valkyrie di diventare un astronauta autonomo e aprire la via degli equipaggi robotici per missioni di esplorazione pericolose per l’essere umano.

Proprio Marte peraltro, secondo alcuni analisti, potrebbe rappresentare l’ultima fermata interplanetaria per l’uomo, che continuerebbe ad inviare invece in esplorazione i robot astronauti.

Lo afferma ad esempio il cofondatore e direttore esecutivo della Planetary Society, Louis Friedman, che ha da poco pubblicato negli Usa un libro dal titolo “Human Spaceflight: From Mars to the Star”.

Secondo Friedman “sarà la sinergia tra uomini e robot ad esplorare l’Universo“. In pratica l’uomo, una volta garantitasi la sopravvivenza della specie con la piena colonizzazione di Marte “non andrà più fisicamente su altri pianeti” ma invierà sonde e robot usando poi la realtà virtuale per “visitarli”.

Fino allo sbarco dell’umanità su Marte invece l’uomo resterà al centro delle missioni spaziali. Ma sarà l’opera di antropizzazione di Marte a richiedere tutta la presenza umana fisica possibile per adattare il pianeta rosso alle necessità della specie umana, che si trasformerà come ha fatto la Terra in migliaia di anni.

“Culturalmente continuiamo ad essere avventurieri ed esploratori e per sopravvivere dobbiamo convertirci in una specie multi-pianeta – spiega Friedman -. Tutta la sopravvivenza non può essere affidata solo alla Terra, ci sono troppe variabili di rischio, dagli asteroidi alla guerra, al cambio climatico. E Marte è certamente l’unico mondo conosciuto, oltre al nostro, che può considerarsi anche remotamente abitabile dall’uomo“.

 

Credits: foto www.space.com

 

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