Invito Maurizio per una chiacchierata perché persona amabile e disponibile, e perché autore del libro “Le Seconde Vite”, edito da Bulgarini, del quale mi sento, suo malgrado, co-protagonista.
Giornalista Rai, per la prima volta autore di un volume, nel suo libro narra 15 storie vere, 14 delle quali di persone incappate in gravissimi problemi di salute poi superati, ed una, invece, di persone che si trovano ad elaborare e dover reagire ad un grave lutto, la perdita di un figlio.
In tutti i casi c’è, da parte dei protagonisti del libro “Le seconde vite”, una reazione forte quanto è forte il dolore che li travolge, una spinta verso una nuova visione della vita ed una nuova interpretazione della realtà che li circonda, dovuta alla nuova sensibilità che contraddistingue ognuno di essi, la nuova capacità di raccogliere la meraviglia in ogni aspetto della quotidianità vissuto come dono.
Ho ripetuto l’aggettivo “nuova” troppe volte, e a sproposito, perché queste capacità sono già presenti in ogni essere umano, il quale, nella maggior parte dei casi, non ne è purtroppo pienamente conscio, se non dopo uno “choc”, una “morte”, un passaggio.
La maggior parte di noi, che ha la fortuna di godere di buona salute e di una situazione stabile, vive la propria vita come fosse un passeggero distratto su un treno che ha già il suo percorso ben tracciato, nella confortevole certezza del proprio viaggio.
A volte può succedere però che, per un evento traumatico come, per esempio, una malattia, una separazione (io per mia fortuna le ho vissute entrambe, e scrivo fortuna senza le virgolette, perché non c’è ironia in quanto dico) o un lutto, il treno incappa in uno “scambio” inaspettato, mutando repentinamente direzione. Si viene sopraffatti dalla paura del futuro e dal senso di impotenza nel dover gestire un accadimento più grande di noi.
Ci troviamo davanti due soluzioni: buttarsi dal treno, ovvero soccombere ed essere travolti dagli eventi, o prendere i comandi e gestire la corsa.
Chi riuscirà a scegliere la seconda opzione si accorgerà che guidare il treno ed affacciarsi dai finestrini sarà molto più appagante che lasciar scorrere la vita.
Potrà godere dei paesaggi che incontra, dei panorami aperti sulla campagna, noterà le viti piene di grappoli in attesa della vendemmia, incrocerà altri treni, insieme a qualcuno di essi percorrerà tratti più o meno lunghi di strada, entrerà in gallerie, ma se non si fermerà ne uscirà sempre fuori.
Non sono io la prima a sostenere che la vita è un viaggio e non una destinazione, ed è questo che molti di noi non hanno ancora capito.
Lo stile con il quale l’autore racconta le storie è, mi dice, volontariamente distaccato, e non sarebbe potuto essere altrimenti, a mio avviso, non avendo un vissuto simile a quello dei protagonisti.
Dal canto mio, consiglio caldamente a tutti la lettura di “Le seconde vite”, che non parla di persone speciali, anzi, di persone normalissime che la vita ha reso speciali. Dirò di più, ne consiglio caldamente la ri-lettura, in diverse fasi della propria vita. Vedrete che ogni volta, grazie alle proprie esperienze individuali, le parole assumeranno un senso sempre più vero e profondo.
di Benedetta Tintillini