Libri. “Mio figlio. L’amore che non ho fatto in tempo a dirgli” di Marco Termenana

mio figlio

Marco Termenana è in libreria con il suo volume dal titolo “Mio figlio. L’amore che non ho fatto in tempo a dirgli”, la toccante testimonianza di un padre il cui figlio ventenne ha deciso di togliersi la vita.

 

Ci sono innumerevoli motivi che possono spingere una persona a scrivere un libro, Marco Termenana (pseudonimo dietro il quale l’autore vuole salvaguardare la privacy del protagonista e della famiglia) afferma di aver scritto il libro “Mio figlio. L’amore che non ho fatto in tempo a dirgli” il cui sottotitolo è: ‘la storia vera di un ragazzo che non vedeva per sé un futuro, raccontata dal padre’, per sentire ancora forte la presenza di suo figlio Giuseppe.

Giuseppe è un ragazzo fragile, chiuso in sé stesso, intelligente ma con gravi difficoltà nel rapportarsi con il mondo che lo circonda e con le persone, anche con quelle che lo amano visceralmente, come i suoi genitori.

Con una lettera saluta per l’ultima volta la sua famiglia e, all’età di vent’anni, si toglie la vita.

L’autore definisce il libro un romanzo, ma, sin dalle prime righe, si evince l’intento finemente analitico: l’autore ripercorre tutti gli accadimenti della vita di Giuseppe (ovviamente quelli conosciuti dal padre) per cercare disperatamente di trovare l’errore, la chiave, la risposta al perché Giuseppe, nel fiore degli anni, abbia deciso di non portare più il fardello della sua esistenza.

Il libro sicuramente ha uno scopo terapeutico per chi lo scrive, Termenana dice di sentire costantemente la presenza del figlio, molto più quando ne scrive o ne parla; per sua fortuna una grande Fede lo sostiene e lo aiuta ad affrontare questo indicibile dolore, che lenisce portando la storia di Giuseppe anche nelle scuole, dove parlare di alcune tematiche giovanili può essere molto utile per stimolare una riflessione in chi in Giuseppe si potrebbe riconoscere o chi vive una condizione di buio e sfiducia verso tutto e tutti.

Termenana è un giornalista, ma lavora nell’ambito della finanza e ha fatto della matematica la sua metodologia di analisi di ogni fenomeno, e qui le nostre vedute, in qualche modo, divergono: in un mondo dove siamo costantemente governati dalla matematica in ogni frangente della nostra esistenza, mi piace pensare che (rubo un titolo da un libro che ho molto apprezzato) “noi siamo incalcolabili”; voglio credere che l’essere umano sia speciale perché non frutto di un algoritmo, ma che sia un essere pensante, con dei sentimenti, delle paure, delle emozioni che sfuggono alla razionalità e invadano il mondo del fantastico, dell’ultraterreno, dello spirituale. Non credo infatti che il credere in una religione sia frutto di un ragionamento analitico, ma anzi, sia un atto di Fede, ovvero, un credere a priori, senza prove scientifiche. Di conseguenza, non penso sia possibile trovare una risposta razionale a ciò che è successo a Giuseppe, semplicemente perché non c’è; sarebbe comodo se ci fosse, per i suoi genitori, per capire dove hanno “sbagliato” e per tutti gli altri, che si guarderebbero bene dal ripetere lo stesso errore. Sappiamo però che la vita non funziona così…

Attraverso le pagine del volume è possibile entrare nella quotidianità di una famiglia e in alcune sue dinamiche interne, è per questo motivo veramente molto interessante per cercare di comprendere quale tipo di disagio porta, in questi anni di benessere e di eccessiva opulenza, tanti ragazzi a rifiutare la vita.

Benedetta Tintillini

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