Presentato lo scorso 17 novembre il volume “I nove secoli di San Pietro a Pettine – cuius origo est antiquissima”
Attraversare le campagne dai rilievi dolci e suggestivi per reaggiungere la meta è già parte dell’emozione: come in un itinerario mistico, le anse delle colline aprono ad ogni poco scorci sorprendenti, su vigne dorate, boschi e uliveti. All’improvviso poi appare la fiorente pianura sulla quale domina Trevi, incastonata nella fascia olivata punteggiata da piccoli gioielli che raccontano il tempo: la chiesa San Pietro a Pettine è uno di questi.
La pietra chiara risalta tra il verde degli olivi, silenziosa presenza da ben 900 anni, che racconta di scampoli di vita, di crolli e rinascite, di passato ma, soprattutto di futuro.
La piccola chiesa romanica si trova all’interno dell’omonima tenuta agricola, ragione di vita e di lavoro della famiglia Caporicci. Carlo Caporicci, il “dominus” del luogo, con emozione sottolinea il profondo legame tra la famiglia e la piccola chiesa, tanto che, proprio la chiesa, è stato il primo edificio della tenuta ad essere stato restaurato e consolidato.
L’occasione è stata la presentazione del volume dedicato alla storia della chiesa dal titolo “I nove secoli di San Pietro a Pettine”, edizioni Era Nuova, nel quale, l’autore Stefano Bordoni, illustra il frutto delle sue analisi in loco e delle ricerche archivistiche alla scoperta dell’articolata storia del piccolo luogo di culto.
A una vista sommaria, architettonicamente, l’edificio romanico appare piuttosto omogeneo, ma tutt’altro, ad una lettura più attenta delle pietre si notano crolli, ricostruzioni e modifiche fino all’aspetto odierno.
Chiesa nata per volere di un privato, è stata per secoli punto di riferimento importante per la devozione della comunità locale fino al totale declino; spogliata di ogni suppellettile, perfino del pavimento, e adibita a magazzino agricolo, il piccolo tesoro conosce un periodo di abbandono fino alla sua splendida rinascita.
L’apparato decorativo, più tardo rispetto alla fondazione della chiesa, è stato realizzato tre il 1400 e il ‘500 e presenta, sul lato sinistro, un dittico con Sant’Antonio di Padova e una Maestà, mentre l’affresco di maggior pregio è quello raffigurante San Pietro, a sinistra della piccola abside; nel 1525 è stato poi realizzata un’ulteriore parte affrescata raffigurante Cristo seduto sul sepolcro e la Madonna con il Bambino, copia dell’immagine miracolosa della Maodnna della Stella, conservata nel vicinissimo santuario omonimo meta di tantissimi devoti.
Le immagini sacre nascondono anche un piccolo enigma: la presenza di graffiti medievali con frasi tratte da testi sacri o di contenuto moraleggiante, attribuiti ad un certo Peritus, soprannominato “fra’ Cotidie” perché molto spesso è con questa parola che inizia le frasi delle sue iscrizioni. Petritus ha lasciato traccia di sé in moltissimi luoghi di culto umbri, molti dei quali arricchiti da rebus, che solleticano ancor più la curiosità di visitatori e addetti ai lavori.
La tenuta di San Pietro a Pettine ha come core business la produzione di tartufo bianco e nero, ma non solo, al suo interno si producono gustosi formaggi e, quest’anno per la prima volta, l’olio evo di moraiolo in purezza, che porta il nome del futuro di San Pietro a Pettine: quello dell’amatissima nipotina di Carlo, Aurelia. Tutti i prodotti possono essere apprezzati nelle proposte culinarie de La Cucina di San Pietro a Pettine.
Nonostante la vocazione anche turistica della tenuta, Carlo Caporicci ci conferma che la chiesa, visitabile, non ospiterà matrimoni o altri eventi, a sottolineare il legame intimo che la unisce ai suoi proprietari.
Benedetta Tintillini