E’ proprio vero che qualche volta le nostre splendide città e le straordinarie bellezze archeologiche e artistiche del nostro paese sono raccontate con più amore e con punti di vista più interessanti da chi in quei luoghi non è nato e vissuto.
Pensate a quanto hanno giovato a far conoscere l’Italia nel mondo illustri viaggiatori come Goethe, che scrisse sul nostro paese ben tre libri e, pur rimanendo sgomento per la sporcizia delle strade, affermò che non si poteva: “né raccontare, né descrivere la magnificenza d’un chiaro di luna come quelli di cui abbiamo goduto col vagare qua e là nelle strade, nelle piazze, nelle straordinarie passeggiate, e poi in riva al mare. Si è veramente presi dal senso di immensità dello spazio! Così vale la pena di sognare!“.
Raccontarono del belpaese anche Byron che fu colpito dalla bellezza di tre suggestivi luoghi d’acqua della regione Umbria: il Lago Trasimeno, le sorgenti del Clitunno, le cascate delle Marmore e il Tempietto del Clitunno; Stendhal che descrisse il nostro paese come “la beauté parfaite”, la bellezza perfetta; Winckelmann, archeologo e storico dell’arte tedesco di fama che, appassionato dell’antichità classica, fece conoscere al mondo Paestum, Ercolano e Pompei.
Ma oggi è il caso di Ferzan Ozpetek, regista turco, che dopo aver girato alcuni film a Roma, città che ama, ha dedicato a Napoli il suo ultimo film Napoli velata,raccontando una città nelle cui viscere si mischiano passionalità, magia e morte. Una città che non è solo camorra, sole e pizza, ma anche e soprattutto monumenti di straordinario valore culturale e artistico, che tutti dovremmo visitare almeno una volta nella vita.
Il titolo del film trae spunto dal Cristo velato, una scultura marmorea del 1753 di Giuseppe Sanmartino, conservata nel Museo Cappella di Sansevero, nel centro antico della città partenopea, una perla dell’arte barocca che rappresenta uno dei più singolari monumenti che l’ingegno umano abbia mai concepito.
Il film narra una città molto diversa da quella violenta e corrotta della serie Gomorra. La Napoli del film di Ozpetek è invece un viaggio in una città borghese, raffinata ed esoterica, a tratti ambigua. I luoghi del film sono tra i più belli della città, oltre alla Cappella di S. Severo, dove la storia si conclude, il tour ha inizio con una vista dall’alto dell’ipnotica scalinata elicoidale del Palazzo Mannajuolo, monumento liberty del 1910; poi ci accompagna sugli scogli di Marechiaro, davanti al golfo dove “siede” il Vesuvio, e prosegue, attraverso Spaccanapoli, Piazza del Gesù e le stradine del centro antico, che ospitano i famosi presepi, nell’antichissima Farmacia degli Incurabili. Qui ci troviamo nel complesso di un ospedale del 1520, voluto da una nobildonna catalana che, dopo essere guarita da un’artrite che l’aveva paralizzata, per voto, volle questa struttura per la cura degli ammalati della città, respinti dagli altri nosocomi.
Il tour di Napoli, suggerito dal regista, prosegue con il Museo Archeologico, uno dei più interessanti del mondo e uno dei primi costituiti in Europa, nel 1700. E’ poi la volta della Certosa di S. Martino, luogo dal quale si gode la più bella vista della città; qui viene inscenata la tombola delle serve (vajassa), alla ricerca del significato dei numeri 42 – il caffè; 18 – il sangue; 75 – Pulcinella e 10 – i fagioli, metafora di Napoli raccontata con l’utilizzo della smorfia.
Ozpetek sembra portarci per mano nella visita dell’ex Convento, del mercato di Porta Nolana, dal Centro Storico a Posillipo e dal Vomero a Chiaia, tutti luoghi simbolo di una città che ha ancora necessità di essere scoperta dagli italiani e, perché no, anche dai cittadini della bellissima Umbria, che potranno così verificare il detto di Luciano De Crescenzo: “dovunque sono andato nel mondo ho visto che c’era bisogno di un poco di Napoli”.
Gli italiani debbono un ringraziamento a Ozpetek, che per questo film ha vinto due David di Donatello (fotografia e scenografia, non a caso), per averci fatto riscoprire, forse anche a molti napoletani, la meravigliosa Napoli, città che meriterebbe un po’ più d’amore.
Guarda le foto del nostro ALBUM
Giuseppe Manzo