Maratona Cechov: il progetto triennale di TSU al Morlacchi di Perugia

maratona cechov

Domenica 27 Ottobre, al Teatro Morlacchi di Perugia si è potuta vivere un’esperienza immersiva di puro e bel teatro con la maratona Cechov, la giornata dedicata a tre capolavori del drammaturgo russo.

Il teatro Stabile dell’Umbria presenta la trilogia di Cechov, un progetto triennale che quest’anno, nella stagione 24/25, si chiude con il celebre “Il Giardino dei Ciliegi”, la stagione 23/24 ha visto la messa in scena di “Zio Vanja” e nell’anno 22/23 si è partiti con “Il Gabbiano”, lo studio la ricerca e la crescita sono i fili conduttori di questo progetto che, domenica scorsa,ha vissuto il suo apice regalandoci le tre opere in un susseguirsi di talento e riflessioni.

La regia di Lidi regala un Cechov contemporaneo, tanti i premi da lui vinti nel corso di questi anni che lo rendono una figura centrale della regia teatrale contemporanea.

Domenica mattina il teatro apre le porte  con “Il Gabbiano”, il ritmo è incalzante e Cechov parla la “nostra lingua”: sogni svaniti, profonde distanze umane… ”la vita bisogna descriverla come ci appare nei sogni…” – “… per le strade c’è gente straniera… Ti muovi in mezzo alla folla senza una meta, cominci a credere che in realtà sia possibile un’unica anima universale…”

Una veloce pausa pranzo ed è la volta di Zio Vanja, l’amarezza delle illusioni: “… quando la vita non ha senso, vanno bene anche i miraggi “ – “appendete le vostre orecchie al chiodo delle attenzioni…”

E questa intensa e sublime giornata si chiude con l’ultima opera della trilogia, “il Giardino dei Ciliegi”, in scena fino a Domenica 3 Novembre presso il Teatro Morlacchi di Perugia.

Lidi affonda in Cechov e gli attori sono sbalorditivi: narrazione contemporanea della deriva, dove il ricordo è lesivo, dove il giardino è l’emblema del teatro, svanisce la voglia di ridere ed emerge il presente: ” la vita è passata ed io quasi come non avessi vissuto..” il finale di una vita spesa a servire, a dover affermare il valore del proprio lavoro… il senso dell’abbandono, dell’inutilità, del dimenticato “… se ne sono andati tutti!“ lasciandoci l’amaro in bocca, con la speranza di reagire.

Sonia Lustrino

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