L’ordine dei cavalieri templari da sempre esercita un immenso fascino. La storia dei potentissimi monaci cavalieri, il cui compito originario era di difendere i pellegrini diretti in Terra Santa, ha sempre dato adito a misteri ed alle più sfrenate fantasie e congetture.
La chiesa di San Bevignate a Perugia è una preziosissima e rara testimonianza della presenza dei Templari nella nostra regione.
Fu eretta lungo via “Spargente”, verso Gubbio e verso il Tevere, fuori dalle antiche mura della città come presenza religiosa in un metaforico “deserto” spirituale: la campagna sterminata non presidiata da edifici religiosi.
I documenti fanno risalire la presenza Templare nella guelfa Perugia al 1243, all’apice della sua ricchezza e splendore, quando papa Gregorio IX ne ordinò l’insediamento in città per contrastare la presenza dei Cistercensi, già presenti, di parte ghibellina.
L’essenzialità dell’ordine templare si ritrova nell’aspetto esteriore della chiesa, possente e severa e di notevoli dimensioni. Originariamente era stata costruita per essere una Commenda (la Commenda di San Girolamo) a presidio di un territorio molto vasto. Nella commenda venivano raccolte le derrate alimentari prodotte nelle campagne circostanti per essere poi spedite ai Milites in Terra Santa.
Semplice ed austera, dicevamo, esteriormente, in uno stile romanico-gotico tipicamente umbro, con gli avancorpi aggettanti che conferiscono un aspetto possente ed una facciata essenziale e spoglia. La parte superiore della facciata ospita un oculo attraverso il quale, nei giorni d’estate, il raggio di luce che vi filtra va a colpire la scena della crocifissione all’interno della chiesa. San Bevignate è uno dei maggiori esempi rimasti di architettura templare, purtroppo dopo lo scioglimento dell’ordine molte costruzioni templari furono abbattute, ed è sicuramente tra quelle di più grandi dimensioni. Il portale a tutto sesto presenta i simboli templari (il fiordaliso e la rosa della vita) ed alcuni esseri fantastici simboleggianti il male, male che il fedele, entrando in chiesa, lascia all’esterno.
L’interno è a pianta centrale, aula unica, abside quadro ed altare rialzato sulla cripta del Santo a cui è dedicata la chiesa, a cui il popolo della città era fortemente devoto.
Ma chi era San Bevignate? Un Santo del quale non si ha nessuna prova della sua effettiva esistenza, che i perugini non hanno mai visto santo, ma che godé di una devozione talmente forte e passionale da ottenere la canonizzazione laica nel 1453.
Si narra sia stato un eremita che avesse scelto proprio questi luoghi per il suo eremitaggio, ed al quale furono attribuiti una serie di miracoli. A furor di popolo quindi, la chiesa viene eretta nel 1256 e dedicata a San Bevignate, raffigurato con l’aureola.
Ma è l’apparato pittorico all’interno che affascina oltre ogni dire. I colori predominanti sono il bianco, simbolo di purezza, il rosso, simbolo di sacrificio ed i colori scuri, simbolo di umiltà.
Sulle pareti decorate da un finto apparato murario appaiono ritratti gli apostoli più uno: San Barnaba.
Nell’abside è visibile la crocifissione, la figura di San Bevignate, in abito bianco, con il Vescovo benedicente, schiere di dannati e di eletti, una teoria di flagellanti ed un Cristo benedicente. Una schiera di corpi che risorgono dalle tombe simboleggia il Giudizio Universale. Riconoscibili, inoltre, i simboli della passione: la lancia, la corona di spine, la spugna.
Nella scena dell’ultima cena particolare è la posizione di Giuda, dalla parte opposta del tavolo rispetto agli altri commensali.
Un graffito del 1946, ormai anche lui parte della Storia, si legge sugli affreschi duecenteschi, a testimonianza della storia travagliata della Chiesa e del suo utilizzo, in passato, anche come magazzino.
Dopo lo scioglimento dell’ordine templare nel 1312, la chiesa, come tutti i beni dell’ordine, passò agli Ospitalieri e tutto il complesso venne dato alle monache.
In fondo all’abside è visibile un pozzo dal quale, secondo la leggenda, San Bevignate fece scaturire l’acqua. Come già accennato, al santo furono attribuiti diversi miracoli: oltre a far scaturire l’acqua fece maturare grano e olive in tempo di carestia, salvò dalla condanna a morte tre persone, salvò un bimbo da un lupo. La scena è visibile affrescata nella chiesa, ed è interpretabile, come la maggior parte degli affreschi presenti, attraverso diverse chiavi di lettura: può essere la rappresentazione della leggenda del santo oppure la rappresentazione simbolica della missione dell’ordine di sconfiggere il male.
Gli affreschi della controfacciata sono ancora più affascinanti perché possono essere letti ed interpretati attraverso quattro diverse chiavi di lettura.
La prima chiave di lettura è quella storica: è rappresentata la scena di una battaglia alle porte di una città (forse Nablus) tra una schiera di infedeli e l’esercito Templare vincente.
La seconda è quella morale: la vittoria del bene sul male, sia inteso come male interiore, ovvero presente in ognuno di noi e verso il quale ognuno combatte la sua battaglia personale, sia inteso come lotta agli infedeli i quali, non conoscendo la religione di Cristo erano equiparati al male stesso.
La terza è quella allegorica: è visibile la scena di una nave con a bordo i cavalieri templari: la nave rappresenta la Chiesa e la missione dei templari di portare la religione Cristiana in Terra Santa, i pesci che popolano le acque sono anch’essi tra i più antichi simboli di Cristo.
L’ultima chiave di lettura è quella anagogica: in un’altra scena sono visibili degli artigli di un rapace, sicuramente un’aquila, simbolo di San Giovanni che fu l’autore del libro dell’Apocalisse. Apocalisse che, attraverso il Giudizio Universale, permette di raggiungere Cristo. Il raggiungimento di Cristo era lo scopo ultimo dei templari, pronti a morire in battaglia per la religione e per la beatitudine eterna.
Al secondo ciclo pittorico appartengono gli Apostoli più uno di cui ho già accennato: ritratti a figura intera reggenti una croce in un cerchio. Allo stesso periodo appartengono i decori nella parte alta della chiesa.
Ma la chiesa di San Bevignate non finisce di stupire: negli anni ottanta, durante dei lavori, sotto la base della chiesa fu rinvenuto un brano di pavimentazione in mosaico di una domus romana e, ad un livello ancora inferiore, ben cinque vasche appartenute ad un fullonica, ovvero un tintoria dell’antica Roma.
La fortuna di avere nella nostra regione una testimonianza così rara e preziosa, unita all’indubbio fascino dell’ordine templare, fa si che San Bevignate sia una meta assolutamente da non perdere per chi vuole immergersi nella storia, non intesa come periodo ormai chiuso, ma come base sulla quale, nel bene e nel male, è costruito il nostro presente, come ben sappiamo, dalle notizie che ogni giorno ci arrivano dal Medio Oriente.
Benedetta Tintillini