L’esposizione propone un raffronto diretto tra le opere provenienti dall’Italia e i mosaici e le sculture della collezione unica del Palazzo sivigliano: Ercole e Deianira saranno i protagonisti di un aperto dialogo con le figure mitologiche che popolano le decorazioni musive, gli arabeschi del patio e i busti marmorei di ispirazione classica greco-romana conservati nel Museo.
Studioso e umanista dall’intelletto vorace, Rubens è vicino alla Spagna per l’amicizia con l’altro grande pittore barocco Diego de Velázquez e per aver servito tra le corti europee anche quella spagnola. Le due punte di diamante della sua produzione artistica che saranno esposte a Siviglia raccontano due diversi episodi delle storie di Ercole.
Nelle prima imponente tela – 2,46 x 1,68 metri – l’eroe è raffigurato nel momento in cui, dopo aver ucciso il serpente guardiano Ladone, raccoglie dall’albero i pomi d’oro che erano custoditi nel giardino delle Esperidi, cioè i frutti che avrebbero dato compimento alla sua undicesima fatica. Con il braccio destro egli si appoggia al bastone ligneo da lui stesso costruito per affrontare la prima fatica contro il leone di Nemea, di cui indossa la pelle che lo avvolge e che, insieme alla clava, divenne il suo principale attributo. Ercole calpesta vittoriosamente la testa del feroce serpente che giace esangue ai suoi piedi, mentre ha ancora la zampa avvinghiata alla clava, nell’ultimo disperato tentativo di resistere alla forza sovrumana del semidio.
Nel secondo maestoso dipinto – 2,45 x 1,68 metri – Deianira, sposa di Ercole (che ricorda le fattezze della seconda moglie di Rubens, Hélène Fourment) è rappresentata mentre alza lo sguardo verso l’alto prestando attenzione alle parole che le bisbiglia la Furia, dea della vendetta con i capelli di serpente che, piegandosi verso di lei, le offre la tunica bagnata dal sangue del centauro Nesso. Non sospettando che il sangue fosse avvelenato, ma credendolo invece una pozione amorosa che le avrebbe fatto riconquistare l’amore del marito, invaghitosi della bella Iole, Deianira offrirà successivamente il manto in dono a Ercole, provocandone la morte atroce e uccidendosi a sua volta per il rimorso.
L’inestimabile valore artistico dei tesori custoditi nel Palazzo de Lebrija si arricchisce con queste due grandi opere: e chi, se non proprio Rubens, definito “L’Omero della pittura” da Eugéne Delacroix, poteva adempiere al meglio a tracciare un fil rouge con i prestigiosi reperti ricchi di spunti mitologici conservati a Siviglia?