Sono stati censiti dall’Ispra, dal 1870 al 2006, circa 2.990 siti minerari dismessi su tutto il territorio nazionale. Nella sola Sicilia, ne sono stati censiti 765; circa 663 siti sono di coltivazione dello zolfo, seguono quelli di salgemma (52), asfalto e/o scisti bituminosi (30) e sali alcalini misti (18). Agrigento è la città che detiene il maggior numero di siti: 298, di cui 265 interessati dalla coltivazione dello zolfo, seguono Enna (172 di zolfo su 182) e Caltanissetta (163 di zolfo su 173). Questi ed altri dati relativi al censimento dei musei ed ecomusei minerari in Italia, sono inseriti nel più ampio progetto, in continuo aggiornamento ‘Repertorio Italiano di Scienze della Terra’. La proposta che ne discende è quella di “creare un sistema di rete nazionale di parchi e musei minerari”.
“Questo ingente patrimonio non solo naturale, ma anche di valore storico, archeologico e industriale, ormai riconosciuto da tutti, necessita di una normativa, a tutt’oggi carente, che ne regolamenti la gestione – dice una nota dell’Ispra – creare un sistema di rete nazionale di parchi e musei minerariche interagisca per seguire e condividere lo sviluppo tecnologico, storico, culturale, scientifico di questi siti da riqualificare, è un’altra azione da portare avanti in modo costruttivo, anche per il suo riflesso sulle economie e sulle società locali”.
A cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio, sono stati istituti nel nostro Paese ben 6 Parchi da siti minerari, ricorda Ispra: l’Italia, infatti, “è il Paese con la storia mineraria più a lungo documentata al mondo e conserva un vasto ed originale patrimonio geominerario, unico al mondo”. I resti e le testimonianze di ventotto secoli di attività estrattiva “costituiscono un patrimonio di dati scientifici”. Dall’Età del Ferro al XX secolo, il nostro Paese “è stato al centro dello sviluppo culturale e sociale per motivazioni fortemente legate alla sua ricchezza di risorse minerarie metalliche e non”. Con la fine del secolo scorso si è praticamente conclusa l’epoca dello sfruttamento dei giacimenti minerari “lasciando sul territorio un’ampia e diffusa articolazione di testimonianze legate alle attività minerarie che rappresentano un patrimonio di archeologia industriale e di paesaggio unici”. In molte aree del Paese, tale patrimonio “è stato perduto, smantellato o lasciato deperire”, mentre in altre “è stato avviato un processo di conservazione, tutela e valorizzazione attraverso la nascita di esperienze di parco e museo geominerario, che hanno permesso di mantenere viva l’identità dei luoghi minerari e del loro passato dove lo sfruttamento delle risorse del sottosuolo ha rappresentato lo sviluppo sociale ed economico di molte comunità”.
Credits: foto www.sardiniapost.it