La Società Operaie di Mutuo Soccorso (SOMS) di Santarcangelo di Romagna ha vinto un bando regionale per la digitalizzazione dell’archivio, attualmente custodito nella sede, presso la Cella Zampeschi situata nel centro storico della cittadina. Si tratta del finanziamento della Regione Emilia-Romagna rivolto a biblioteche e archivi privati che riconosce alla SOMS la somma di 11.000 Euro circa per avviare il processo di ricognizione, indicizzazione e digitalizzazione del archivio e delle sue raccolte.
Il presidente della SOMS, l’Arch. Massimo Bottini, chiarisce così le linee dell’intervento: «Siamo lieti di questo finanziamento e intendiamo avviare il processo della digitalizzazione in modo da coinvolgere il più possibile la cittadinanza, condividendo i ritrovamenti mano mano che emergeranno dai faldoni e dalle casse, affinché non sia un evento che riguardi i soli addetti ai lavori ma sia un “cantiere pubblico” di archivistica. La ricognizione non parte da zero, ma digitalizza e integra il lavoro che già aveva impostato in maniera analogica il precedente bibliotecario, Silvano Beretta.»
Si tratta di una miscellanea di manoscritti, documenti, targhe, manifesti, oggetti, busti, stampe, coppe, spartiti musicali accumulati negli oltre 150 anni di vita della SOMS, pervenuti attraverso lasciti testamentari e donazioni, custoditi nelle varie sedi nel corso degli anni, dalla casa comunale alla bottega del fabbro durante il periodo fascista. Tra i documenti, una raccolta di proclami della Repubblica romana del 1848 che saltò agli occhi di Giovanni Spadolini durante una sua visita alla metà degli anni ’80. La raccolta, costituita da una quarantina di manifesti e proclami, venne salvata grazie alla tradizione garibaldina, particolarmente sentita in terra di Romagna alla luce del passaggio dell’Eroe dei Due Mondi durante la fuga nel 1849 da Roma a Mandriole (Ravenna), dove morì tragicamente Anita, e allo scioglimento della Legione romana a San Marino, proprio accanto a Santarcangelo.
«Si procederà a scaglioni – continua Massimo Bottini – consapevoli che le carte, una volta classificate, vanno consultate, lette e divulgate. Paolo Buonora, già direttore dell’Archivio di Stato di Roma, spiega che di solito si cataloga il 30% dei documenti, se ne studia il 10% e se ne mostra non più del 2%. Per noi la restituzione di questi “pezzi di microstoria pubblica”, la public history, alla comunità è fondamentale perché pensiamo che in questo archivio si custodisca la storia locale di tutti. Invitando archivisti bibliotecari ed esperti, cercheremo di creare un cantiere formativo per i giovani, fornendo anche prospettive per il loro futuro lavoro con stage con le università di Urbino e Ravenna e l’Accademia di Belle Arti di Rimini. Non sono esclusi anche momenti pubblici, con lettura dei documenti da parte di attori. Vorremmo mettere a fuoco un format che possa essere utile da Bolzano a Canicattì.»